La giornata mondiale sul tumore dell’ovaio deve essere un momento importante per informare e sensibilizzare le donne sulla patologia e sulla possibilità di curarsi
Tumore dell’ovaio: cos’è?
Le ovaie sono due organi delle dimensioni di “una grossa mandorla” di circa tre centimetri di diametro (ma con variazioni rispetto all’età) situati una a destra e una a sinistra all’utero, cui sono connessi dalle tube.
Le loro funzioni sono due: produrre ormoni sessuali femminili e ovociti, cellule riproduttive femminili.
Ogni mese, quando la donna è fertile e non in stato di gravidanza, le ovaie producono un ovocita che si muove verso l’utero per essere fecondato.
Il cancro all’ovaio è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule dell’organo, il più delle volte le cellule epiteliali (ovvero non quelle che producono gli ovuli). Anche le cellule germinali possono, però, essere all’origine di una forma tumorale.
Quanto è diffuso?
In Italia il tumore dell’ovaio colpisce circa 5.200 donne ogni anno, secondo le stime 2017 del Registro Tumori. È al nono posto tra le forme tumorali e costituisce il 3 per cento di tutte le diagnosi di tumore.
In Europa rappresenta il 5 per cento di tutti i tumori femminili. È più frequente nella popolazione caucasica, nei Paesi dell’Europa nord-occidentale e negli USA, mentre è assai meno frequente nei Paesi asiatici, africani, sudamericani.
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Tumore dell’ovaio: Chi è a rischio?
Tra i fattori di rischio per il cancro dell’ovaio c’è l’età: la maggior parte dei casi viene identificata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69 anni.
Altri fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio, ossia un menarca (prima mestruazione) precoce e/o una menopausa tardiva e il non aver avuto figli. L’aver avuto più figli, l’allattamento al seno e l’uso a lungo termine di contraccettivi estroprogestinici diminuiscono il rischio d’insorgenza del tumore dell’ovaio e sono quindi fattori di protezione.
Esiste però un altro fattore di rischio: secondo una stima del National Cancer Institute, una percentuale tra il 7 e il 10 per cento di tutti i casi di tumore dell’ovaio è il risultato di una alterazione genetica ereditaria. In presenza di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 può verificarsi la presenza contemporanea, o in tempi diversi, di carcinoma dell’ovaio e carcinoma della mammella. In questi casi il cancro dell’ovaio può verificarsi in un’età più giovanile di quello sporadico, non legato a queste alterazioni genetiche.
In famiglie con molti casi di tumore dell’ovaio o di carcinoma della mammella (più precisamente, più casi dello stesso tipo di tumore o di due tumori associati alla stessa alterazione genetica, come quelli di ovaio e mammella, nello stesso ramo della famiglia) è utile rivolgersi a un centro specializzato in consulenza genetica presso un istituto oncologico di rilievo nazionale.
Qualora una persona fosse portatrice di una di queste mutazioni genetiche, è consigliabile seguire un programma di stretta sorveglianza con mammografie ed ecografie.
Va ricordato, comunque, che l’esistenza in famiglia di tumori dell’ovaio può essere un fattore di rischio rispetto alla popolazione generale; non vi è però alcuna certezza che il tumore si sviluppi in tutte le donne imparentate. Inoltre i casi ereditari vanno distinti da quelli in cui il ripetersi di neoplasie nella stessa famiglia è dovuto al ripetersi di esposizioni, comportamenti e stili di vita comuni a più familiari.
Prevenzione
Non esistono, al momento, programmi di screening scientificamente affidabili per la prevenzione del tumore dell’ovaio.
Ciononostante alcuni studi hanno dimostrato che una visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione bimanuale dell’ovaio e l’ecografia transvaginale di controllo possono facilitare una diagnosi precoce.
Alcuni studi hanno tentato di utilizzare per un programma di screening sulla popolazione sana un marcatore presente nel sangue, il CA 125 che non risulta però affidabile perché troppo poco specifico. Questo marcatore è invece molto utile per monitorare l’eventuale ripresa della malattia in persone già curate per un tumore ovarico.
Tumore dell’ovaio: Come si cura?
Le donne colpite da un cancro dell’ovaio vengono sottoposte a intervento chirurgico la cui entità varia secondo lo stadio di malattia.
Tuttavia l’intervento chirurgico, pur demolitivo, non dà la certezza che il tumore non si ripresenti: per questo si consiglia, dopo l’intervento, una chemioterapia che è tanto più importante quanto più è avanzato il tumore asportato. Esistono molti schemi: uno dei più usati è a base di paclitaxel e di carboplatino con l’aggiunta del farmaco antiangiogenetico bevacizumab. Altri farmaci sono disponibili per le recidive.
La radioterapia non viene quasi mai impiegata nella terapia del carcinoma ovarico se non a scopo palliativo per alcune sedi metastatiche. Sono allo studio diversi farmaci biologici per la terapia del cancro dell’ovaio in fase avanzata: tra queste gli inibitori di PARP che agiscono sui sistemi di riparazione del DNA e gli immunoterapici.
Fonte: airc.it
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